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domenica 5 agosto 2012

Sono contento...ma non troppo

Sono FELICE, ma non vi preoccupate, niente di serio, poi passa. Vi è mai capitato di pensare che l'essere FELICI nella nostra società sia considerato nè più nè meno che una colpa? Vi è mai sembrato che il rivelare apertamente la vostra FELICITA' non sia piacevolmente accettato? Avete mai provato un'immediata e mal sana sensazione di disagio, come se aveste compiuto un passo falso dopo aver espressamente manifestato la vostra gioia? Avete mai avuto la necessità di giustificarvi subito dopo?
Fin da bambina ho notato questa curiosa caratteristica del comportamento umano e continuo a farlo: quando una persona ha finalmente l'occasione di raccontare una propria esperienza felice, un episodio fortunato, un progetto appagante è come immediatamente portato, da una qualche forza misteriosa, a fare la propria gioia parzialmente a pezzi, a modificare la realtà, facendo marcia indietro, giustificandosi quasi. Questo per poter essere immediatamente riammesso nel branco della 'normalità'. Ma perché mai ha pensato di esserne uscito?
Voglio fare un esempio semplice, ma reale, relativo ad una conversazione ascoltata pochi giorni fa. Un amico raccontava con un sorriso la vacanza trascorsa con moglie e figli in Sardegna: 'Siamo stato bene, due settimane, molto bello, ci voleva, un posto davvero stupendo'. E pochissimi istanti dopo aggiungeva, come stregato dagli sguardi degli ascoltatori: 'Sì però eravamo ospiti a casa di amici, così abbiamo speso poco e l'appartamento non era nemmeno un granché, tra l'altro faceva caldissimo, era un forno'. Cos'era successo? Per quale misterioso e sgradevole motivo nei pochi secondi intercorsi tra la prima e la seconda parte di conversazione una parte di lui si era sentita costretta a giustificarsi? E giustificarsi per cosa? Perché si era sentito in difetto? Aveva forse avuto il dubbio di non essere realmente meritevole dell'esperienza vissuta? Ma perché solo in quel momento? Che rapporto aveva questa sensazione con chi lo stava ascoltando? Aveva forse pensato che per alcune di quelle persone la data di partenza per le vacanze non era ancora arrivata? O aveva ipotizzato che per alcune di loro forse quest'anno non sarebbe arrivata mai? E' stato per questo che si è sentito catapultato in pochi secondi in uno stato emotivo in cui il rendere meno piacevole la propria esperienza lo faceva sentire meglio, lo faceva sentire di nuovo accettato, lo reinseriva negli standard? In quale parte delle nostre menti o delle nostre anime esiste la convinzione che essere infelici, sfortunati o poveri ci rende persone migliori di altre?

2 commenti:

  1. Io trovo che spesso quando si racconta la propria felicità si percepisca a livello vibrazionale un cambio d'atmosfera che ci induce a fare una piccola marcia indietro.
    Tu stai raccontando il tuo piacevole episodio con gioia e avverti ostilità, invidia, malcelata aggressività.
    Questo almeno è quello che mi succede le poche volte che racconto i miei attimi felici ad alcune persone. Ed è per questo che solitamente la mia felicità la tengo per me e per il mio compagno :-)

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  2. Ciao Barbara, benvenuta :) grazie per aver condiviso la tua esperienza.

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