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giovedì 30 agosto 2012

Sono davvero FELICE per te...

Essere veramente felici per la felicità e le 'fortune' altrui è possibile? Intendo veramente veramente felici, senza interferenze, con il cuore e l'anima aperti e puri e senza alcuna traccia di invidia. Sicuramente è possibile, e menomale che lo è, e tanti, tantissimi ne sono capaci. 

Ma io? Ne sono capace io? Sono in grado di godere con sincerità autentica dei risultati delle scelte altrui? Senza pensieri corrotti, senza che la mia mente invidiosa e inutilmente protettiva mi porti velocemente a paragonare l'altrui situazione felice con la mia, cercando somiglianze, differenze, errori e soluzioni. Sono in grado di riempire il mio cuore di felicità incondizionata per l'altra persona dimenticandomi per un attimo di me stessa? Sono preparata a questo? 
Sì? No? Essere felice per la beatitudine di qualcuno che amo è per me più facile, più naturale, seppur per nulla scontato, mentre essere felice per la gioia di un estraneo, o peggio di qualcuno che proprio non mi va giù, devo ammettere che è, il più delle volte, ben ardua impresa. Ma perché? Qual'è la vera differenza tra le due situazioni? Sarà solo l'amore la risposta? Speriamo ;), ma se fosse invece che, trattandosi di una persona a me vicina, io, perversa e approfittatrice, covi la speranza che quella stessa felicità possa in qualche modo coinvolgere anche me e che in qualche modo ne possa trarre un qualche beneficio anch'io. Fin dove può arrivare il mio egoismo? Quale mostro si nasconde in me?

La felicità vera, quella altruistica, incondizionata e cristallina, è un dono, meraviglioso, miracoloso e potente. Ho deciso di volerne cercare la ricetta visto che a quanto sembra ancora non ce l'ho, ho una cosa importante però, che non tutti hanno, conosco il luogo dove la ricetta è stata nascosta anni fa, da qualcuno che vuole il meglio per me, si tratta di un luogo facilmente raggiungibile ed incredibilmente vicino, è il luogo che ho deciso di conoscere meglio di qualsiasi altro posto al mondo. Quel luogo sono io stessa.

lunedì 27 agosto 2012

Oggetti e Felicità

Stiamo per festeggiare il primo mesiversario dello 'svuota casa disperatamente' e possiamo tirare le prime somme, ottime direi. Non lo avrei mai detto, un mese fa, ma tutto è stato semplice e per alcuni aspetti anche divertente. Come dice Vadim Zeland quando scegli la porta giusta, attraversarla sarà una passeggiata, e così è stato, tutto è sembrato rotolare con facilità estrema, ho potuto toccare con mano il benestare dell'universo. La mia scelta è piaciuta :)

Se mi guardo in giro ci sono ancora molti mobili ed oggetti di cui dovrò liberarmi, ma altri se ne sono andati, per non tornare più. In questo mese ho conosciuto tantissime persone e ad ognuno ho venduto qualcosa di me, qualcosa scelto e vissuto da me. Ognuno di loro mi ha lasciato qualcosa in cambio (non solo economicamente parlando ;), un sorriso, una parola, a volte un sospiro, e ho avuto una piacevole conferma: amare le persone porta amore.

Fino a pochi giorni fa era stato facile 'liberarsi' del 'superfluo', ma ora che siamo agli sgoccioli, ora che stiamo cominciando ad intaccare anche gli oggetti più personali, più intimi, quelli che sono con me da più tempo, comincia già ad affiorare qualche emozione nostalgica. Quanti ricordi sono racchiusi in tutto ciò che ci circonda, quante belle emozioni sanno rievocare alcuni oggetti. Una vocina mi dice che forse da alcuni di loro non riuscirò a staccarmi, non vorrò lasciarli e, bagaglio permettendo, mi accompagneranno nella mia nuova vita.

Ho ancora un mese per rifletterci, per decidere se sia giusto eliminare qualsiasi attaccamento al passato o se dare retta al cuore e portare con me quelle 'cianfrusaglie' che hanno la capacità di farmi sentire a casa, proprio come quella calamita sul frigo a forma di topo su di un pezzo di formaggio o come quella bambolina di legno appesa alla porta di ingresso. 
Credo che mi toccherà noleggiare una nave cargo...


sabato 25 agosto 2012

Quanto vale la Felicità?

Avrei tanto voluto inserire un sondaggio nel mio blog per chiedere un parere a tutti voi, a chiunque capiti su queste pagine e abbia voglia di dire la sua :). 

Avrei voluto chiedervi: quanto vale per voi la felicità?

Mi spiego meglio. Dato che abbiamo appurato più volte che purtroppo associamo ogni giorno, ad ogni nostra scelta od emozione, il denaro, mi chiedo, vi chiedo: 

con quale cifra mensile potreste definirvi felici? 

Di quanti soldi avreste bisogno ogni mese per poter dire: 'Ho tutto ciò che voglio. Sono felice.'

- 500 euro

- 1.000

- 1.500

- 2.000

- 2.500 ed oltre?

Come dicevo avrei tanto voluto inserire un sondaggio tra le mie pagine, ma ahimè, blogger e le sue visualizzazioni dinamiche non me lo permettono :(

Se qualcuno di voi ha voglia di dire la sua per favore lo faccia lasciando un commento, è un'operazione davvero velocissima, senza filtro e che mi aiuterebbe a chiarirmi le idee e a proseguire le mie ricerche.

GRAZIE :)

venerdì 24 agosto 2012

Il giorno del giudizio

Inutile dire che io sono il Panda :)

Qualcuno un giorno disse: 'Le grandi menti parlano di idee, le menti ordinarie parlano di eventi, le menti ristrette parlano di persone'.
Se dovessi fare una classifica personale relativamente ai miei discorsi quotidiani come potrei definire la mia mente? Grande, ordinaria o ristretta? Forse sarebbe stato meglio non chiederselo... Potrei fare un bel grafico, magari a torta, per visualizzare una stima del numero di ore trascorse ogni giorno parlando di grandi idee (poche?), eventi (forse se si sta avvicinando il weekend ;) e persone (troppe?).

Spesso non me ne rendo nemmeno conto, ma oggi, proprio oggi è una di quelle giornate in cui il meccanismo perverso del mio parlare/sparlare mi salta particolarmente all'occhio, o forse dovrei dire all'orecchio ;)

Partendo dall'irritante presupposto che il parlare di altre persone all'interno delle mie conversazioni, anche quelle fatte da sola allo specchio o al volante, sia equiparabile, tranne per pochissime eccezioni, a giudicare, sia nel bene che nel male (soprattutto nel male mi suggerisce una vocina), mi rendo conto di fare spreco ogni giorno di un'altissima quantità di energia, di concentrazione e soprattutto di tempo. Ore, giorni, mesi nell'arco di una vita in cui sono stata inutilmente focalizzata su qualcosa o qualcuno, giocando al gioco più giocato e meno costruttivo del mondo, il gioco del giudizio/pettegolezzo o del 'io avrei fatto diversamente'.

Quanto ha a che fare questo con la mia crescita, coi miei obiettivi quotidiani, con la mia felicità e più in generale con me stessa. Rivolgere la mia attenzione ad altri non fa che distogliermi dal presente, mi impedisce di vivere il momento, inserisce in me una sorta di pilota automatico che prende il sopravvento del mio flusso di pensieri. Con assoluta certezza posso affermare che quando parlo di altre persone non sto dando il meglio di me stessa, sono come sospesa ed in viaggio con la mente tra passato e futuro, lontanissima dal qui ed ora. Devo smettere, devo diventare un pò più 'buddhica', devo prestare più attenzione a cosa è buono per me e cosa non lo è, cerco quindi, come primo passo, di capire perché lo faccio? Perché mi ostino a farmi i fatti degli altri? Quali benefici mi porta? A cosa serve concentrarmi sulla vita e sulle azioni altrui anziché sulla mia? Sto cercando qualcosa? Forse un errore? O forse una qualche approvazione alle mie di azioni? Una qualche sicurezza che da sola non riesco a trovare, una pacca sulla spalla, un 'sei sulla strada giusta vai avanti così'?

Giudicando il comportamento altrui, cerco invano di uniformare la società al mio pensiero, alla mia opinione, alla mia personale visione di come dovrebbe essere la vita costruendomi così un piedistallo inutile e improduttivo da sopra il quale osservo il mondo, pronta a bacchettarlo.
Alt! Ferma! Sto sbagliando strada, non è questo il sentiero che porta alla felicità, devo fare più attenzione, questo è solo un labirinto senza uscita. Scelgo di fare marcia indietro ed uscire, decido di cambiare. Se voglio posso.

mercoledì 22 agosto 2012

Genitori e figli

Quando smettiamo di essere figli e diventiamo genitori? Non intendo genitori dei nostri bambini, ma genitori dei nostri genitori. A che età smettono di essere loro ad occuparsi di noi, non tanto fisicamente quanto moralmente ed emotivamente, e tocca a noi subentrare al loro posto? Sono anni che me lo chiedo, ma ancora non ho trovato una risposta. Sta di fatto che ultimamente, da un bel pò ormai, i ruoli sembrano essersi invertiti. Loro hanno una situazione da risolvere e io corro, loro hanno bisogno di essere consolati e io corro, loro hanno bisogno di una guida e io corro. Io corro sì, ma per la maggior parte delle volte non sono assolutamente certa di sapere quale sia la cosa giusta da fare, quale sia la parola giusta da dire e soprattutto con che tono farlo. E' così strano, è come se il mio ruolo fosse d'improvviso cambiato, sono diventata in poco tempo colei che indirizza (o per lo meno ci prova) sulla retta via invece di essere colei che viene indirizzata. Così come quando si ha un bambino anche nel caso si 'abbia' un genitore non esistono corsi o manuali che ci facciano trovare preparati. Almeno io non ne conosco. Mi fermo a pensare, ad ascoltarmi e mi accordo che vorrei avere la stessa forza che hanno avuto loro con me in passato, ogni qualvolta ne avessi bisogno, per un ginocchio sbucciato, per un problema da risolvere per me insormontabile o per un consiglio sincero e il più possibile saggio. Purtroppo trovare in me la stessa forza non è cosa semplice, così come non è cosa semplice accettare che d'ora in poi probabilmente sarò io a dovermela cavare da sola mentre loro potranno sempre contare su di me. Anche solo per una parola gentile e affettuosa detta al momento più opportuno. Tutti noi ci siamo lamentati un innumerevole numero di volte della 'pesantezza' dei nostri genitori, ma ora posso dire con una buona quantità di certezza che si stava meglio quando si stava peggio. Essere genitori non è facile e io me ne sto accorgendo adesso, adesso che per qualche strano motivo mi sono ritrovata ad avere in qualche modo adottato i miei.

lunedì 20 agosto 2012

Credere troppo o credere troppo poco?

Questa mattina ho avuto un risveglio particolarmente felice, pur essendo lunedì, grazie alla lettura di una frase, ho voglia quindi di condividerla sperando che abbia su di voi lo stesso benefico effetto.

   'Si corre lo stesso rischio a credere troppo che a credere troppo poco' 

E' una frase scritta da Denis Diderot, nel lontano 1757, ma a mio parere assolutamente attuale. La trovo magnifica nella sua semplicità e davvero di grande aiuto e supporto per tutti coloro, che come me, stanno per compiere delle scelte decisive, in cui la fiducia e la fede (non quella religiosa) sono ingredienti importanti. Venendo da un fine settimana per la mia anima un pò tormentato e pesante è stata per me di grande impatto positivo. Come vi avevo detto in precedenza esistono moltissimi siti web, nati negli ultimi anni   (gli anni della grande fuga ;) con la funzione di supportare i sognatori di una vita oltre confine, curiosandovi, negli ultimi giorni, ho avuto la sfortuna di leggere un buon numero di post dalla visione prettamente negativa, pessimistica, distruttiva e per nulla costruttiva. Un intero esercito di autori atti a sconsigliare, far desistere e cambiare idea chiunque stesse leggendo e contemporaneamente pensando di trasferirsi altrove, in particolare se la meta ambita era la mia amata Spagna. Insomma, dei veri disfattisti senza possibilità di replica, ma non sarà che almeno alcuni di loro stiano credendo davvero troppo poco per poter vedere realizzati i loro sogni? Tra le righe era facilmente percepibile una gran quantità di frustrazione e rabbia, come pronte ad uscire dallo schermo del computer e bloccare ogni speranza dei lettori. Ho avuto paura
Normalmente i miei sogni di mollare tutto e cambiare vita riescono a rimanere indenni a questi attacchi 'terroristici', ma c'è una parte della mia anima, la più insicura, che non può fare a meno di porsi delle domande...e se avessero ragione loro? Se nel mondo fosse veramente tutto così nero come loro lo descrivono, ancora più nero che nella nostra attuale condizione italiana di persone sfruttate e deluse da una situazione politica ed economica imbarazzante? 
Fortunatamente ciò che queste persone, questi demolitori di sogni e di speranze, non capiscono è che né io né altri siamo alla ricerca di un paradiso perfetto, né crediamo e pretendiamo che esista, non viviamo nell'illusione di trovare altrove una miniera d'oro, un lavoro idilliaco o una sicurezza eterna. Noi la sicurezza non la stiamo proprio cercando perché abbiamo avuto un'intuizione, abbiamo capito, svegliandoci una mattina, che quella nessuno te la può dare, non è in vendita, non la si può né vincere, né sottrarre, la si può trovare solo dentro di se. Quello che noi stiamo cercando è la vita. Una vita fatta di semplicità originali, sana, tranquilla, pacifica, vera, del tutto dissimile da quella attuale. Chi come me sta cercando la propria strada sa e desidera abbandonare la continua e stritolante ricerca del superfluo perché ha capito che non è lì che la felicità si nasconde, la felicità è altrove. E' nei sorrisi, nella disponibilità, nell'affetto, nei tempi senza fretta, nella condivisione e nella generosità. Sicuramente un clima favorevole ed una vita in riva al mare sono il sogno di molti e sono fattori importanti che aiutano a maturare una decisione, ma non sono l'ingrediente essenziale, quello che ci fa spingere il bottone rosso (eject) della decisione definitiva, quello che ci porta ad acquistare un giorno un biglietto di sola andata per il futuro. Quegli ingredienti sono altri: l'amore, la pace, l'armonia, la tranquillità. Io personalmente ho scelto e scelgo ogni giorno di correre il rischio e di credere troppo anziché troppo poco. 

sabato 18 agosto 2012

Tempo perduto, ragione e FELICITA'

Quanto tempo prezioso perdiamo nell'arco di una vita a causa di stupidi musi lunghi 'messi' quasi per sfida, per arrabbiature che con l'uso di un pò di buon senso sarebbero state tanto facilmente evitabili? Personalmente mi è capitato più volte di rimanere nascosta dietro ad un muso per ore, prigioniera delle mie stesse emozioni, chiusa a chiave dentro la mia stessa testa, come rapita, mentre al suo interno sentivo girare una sorta di interminabile nastro, capace di ripetere a raffica frasi e parole senza senso il cui solo e unico scopo era quello di confermarmi che era senza ombra di dubbio così, avevo ragione io

(Ma io voglio avere ragione o essere felice?)

Grazie ad una mia personale evoluzione posso dire di essere, nel tempo, molto migliorata, ora come ora riesco spesso a farmi scivolare sulle spalle quelle banalità, quelle inutili polemiche, che in passato tante volte mi hanno fatta chiudere nel mio coriaceo guscio, anche per ore. Purtroppo però, spesso non è sinonimo di sempre e ancora oggi, ogni tanto, capita che un apparentemente insignificante non nulla, detto al momento sbagliato (il mio momento sbagliato), attivi in me la modalità 'muso' e mi faccia chiudere a riccio in pochi istanti. In queste occasioni tutte le mie spine più pungenti e velenose fanno subito bella mostra di sé e la rabbia prende veloce il sopravvento ed il comando impedendomi un qualsiasi 'normale' contatto con l'esterno. L'unica realtà che conosco in quei momenti è quella interna a me, perdo qualsiasi facoltà di ragionare, i miei muscoli si irrigidiscono, il mio viso si contrae e il respiro si fa più corto, non sono più nel qui ed ora, non sono più io, vengo come catapultata in un universo parallelo in cui capeggiano grandi striscioni dalle scritte rassicuranti: 'stavolta hai ragione tu, non cedere', 'se non ti chiede scusa per primo non mollare', 'tu sei perfetta e lui non ti merita'. Ho creato in pochi attimi un intero circo, l'ho montato e ora lo tengo in piedi con la mia mente offesa ed irritata, capace di auto alimentarsi per ore cercando con solerzia nel passato alla ricerca di nuovi appigli, nuovi esempi, nuove espressioni, nuovi episodi da usare al momento giusto a mio sostegno contro il malcapitato. Nel frattempo il grado di sofferenza interiore e di frustrazione aumenta, si impenna veloce. Sto male e gli striscioni non aiutano. Ma a che pro mi sono chiusa qui dentro? A che pro ho costruito questo circo e ho smesso momentaneamente di vivere? Chi mai mi restituirà questi minuti e queste ore? E cosa spero di ottenere? Su che cosa o chi voglio poter piantare fiera la bandiera della mia vittoria? Forse sul cuore di chi mi sta accanto? E' l'orgoglio l'artefice di questa battaglia senza né vinti né vincitori? Mi sento come intrappolata da me stessa e in me stessa, mi sento come se mi ci volessero un numero minimo, e difficilmente calcolabile, di minuti e ore da passare chiusa nel mio guscio prima di potermi arrendere, prima di permettermi di sventolare la bandiera bianca e ammettere che l'impugnare le armi contro chi amo non sia stata forse la mia mossa migliore. E se stavolta facessi qualcosa di diverso? Se provassi a decidere io la tempistica di arresa, decidendo di riappropriarmi di me e di provare per una volta ad agire anziché a reagire? Cosa potrei fare di costruttivo per accellerare questa inutile e straziante attesa? Probabilmente alzarmi dal divano, fare un bel respiro, sorridere e andare ad abbracciare il mio 'avversario'. 

giovedì 16 agosto 2012

Chi ha ragione?

Purtroppo la nostra società (sbaglio o sembra essere sempre lei la colpevole) ci educa quotidianamente, con ogni mezzo, solo al colore bianco e al colore nero, all'avere ragione o all'avere torto, al sì o al no, e ognuno di noi fatica a riconoscere che possa esistere il colore grigio, la via di mezzo e perfino il nì. Questo va ad aggiungersi alla nostra già limitata capacità di comprendere che tutto ciò che percepiamo non è che un nostro punto di vista, altamente personale, filtrato dalle innumerevoli esperienze precedenti, dall'educazione e dal momento, e che non rappresenta mai l'assoluta verità. 
Eppure, pur sapendolo, e parzialmente capendolo, mi ritrovo a chiedermi a gran voce, dentro di me, chi abbia ragione. Chi? E perché? Ho forse ragione io che sto vivendo la mia vita alla ricerca spasmodica di una sorta di Sacro Graal, in continua evoluzione e cambiamento, senza radici né certezze o forse ha ragione chi invece vive il proprio presente e la propria routine quotidiana con una sorta di placida e gradevole serenità, a me sconosciuta da sempre? Chi ha ragione, ma soprattutto chi sta meglio? Chi meglio ha interpretato e capito il concetto di inevitabilità, chi sta vivendo al cento per cento, chi è sempre il miglior se stesso? Io, loro, nessuno? 
Molto probabilmente mi sto ponendo delle domande inutili e pretenziose, dettate dai tanti dubbi, dalle tante paure che la mia mente sceglie di regalarmi ogni giorno, ma perché non riesco a smettere di domandarmelo? La mia anima tenta con forza di trovare una risposta. Senza trovarla.
C'è chi dice che mollare tutto e andarsene alla ricerca di una vita migliore comporti coraggio, risolutezza e audacia, io invece spesso (sempre?) mi sento come un piccolo coniglio che corre tra i forti e saggi alberi del bosco verso un qualcosa che forse non esiste, mentre tutti coloro che decidono di rimanere e di affrontare quella vita che ci viene presentata ogni giorno come tale mi appaiono come i reali supereroi (i saggi alberi), come coloro che realmente accettano il prezzo da pagare e soprattutto lo pagano, senza fuggire. Mi sento così bambina e li vedo così adulti. Non posso che riconoscere con tutta onestà che sono davvero eroici loro e fermarmi ad ammirarli stupita e maldestra, mentre il mio cuore di coniglio continua a gridarmi forte CORRI!

mercoledì 15 agosto 2012

Chi ha inventato la PAURA?

Chi ha inventato la paura? Se solo lo scoprissi...premerei immediatamente il tasto Canc. Io odio la paura e sono arrivata al punto di averne davvero abbastanza, troppe cose nella mia vita ruotano e hanno ruotato intorno alla paura. Ho paura di...Non faccio questo per paura di...Ma non hai paura di? BASTA. La paura ha già preso fin troppe decisioni al posto mio. Sono stufa, fin da bambina, fin dai primi mesi di vita mi hanno insegnato ad aver paura, si  qualcuno si è perfino inventato un 'uomo nero' per spaventarmi (e qualcuno un pò meno fantasioso pure il vigile ;) Ma perché nessuno si è preso la briga di inventarne anche uno bianco? O un pompiere che premia le bambine buone?
La paura ci blocca, ci inibisce, ci cambia, in peggio, ci fa vivere le giornate a metà, ci chiude gli occhi nascondendoci tante, tantissime possibilità. Eppure, grazie al mondo in cui viviamo, non possiamo fare a meno di provarne almeno un pò ogni giorno, con l'unica eccezione di chi vive sul cocuzzolo di una montagna o su un'isola deserta (che gioia mi procura scrivere la parola isola). I giornali, la televisione, la radio, i vicini di casa, gli amici, i genitori e probabilmente anche il nostro gatto non fa che ricordarci incessantemente che dobbiamo avere paura, paura perché qualcosa di tremendo potrebbe capitarci da un momento all'altro, meglio stare in guardia e cominciare subito a soffrire un pò quindi. Potremmo ammalarci, morire, cadere da un aereo, perdere il lavoro, tutti i soldi, le persone che amiamo, potremmo venire persino ingoiati dal terreno durante una tranquilla passeggiata. Potremmo cadere dal balcone, avere un incidente domestico, venire attaccati dagli Ufo, essere spazzati via da una profezia...qualsiasi cosa vi venga in mente va bene, l'essenziale è che ne abbiate paura, meglio se tanta. Ma ci sarà pure un modo per sconfiggerla oltre ad una vita votata all'eremitismo? Ma quale? 
Personalmente credo che la risposta sia sempre e solo una: FARE. L'unico modo che conosco per sconfiggere l'emozione negativa della paura è quella di girare quanto più velocemente possibile lo sguardo in un'altra direzione e fare materialmente qualcosa che vada verso quel sentimento, agirci contro, muoversi verso, quando ho paura di qualcosa l'andargli incontro (naturalmente non nel caso si tratti di un leone affamato), il fare un primo passo a dispetto di quello che potrebbe succedere (ma potrebbe anche non accadere MAI) è l'unica cosa che mi aiuta a stare meglio. Proprio così, quando ho paura di una cosa, l'unico mezzo che conosco per liberarmene quasi all'istante è farla, proprio come è successo a tutti noi con l'esame di maturità. Mentre lo stare ferma in attesa di tempi migliori, magari in preghiera ;), non mi aiuta per nulla, anzi non fa che alimentare la mia sensazione di impotenza. Insomma la chiave è una sola AGIRE, AGIRE, AGIRE! Ora basta solo trovare la serratura...

martedì 14 agosto 2012

Fuga o progetto?

Nei giorni scorsi ho letto un articolo molto bello scritto da una ragazza che come me ha deciso di 'mollare tutto' e partire. Nel raccontare la sua storia e se stessa ha usato più volte due parole: fuga e progetto, la sua idea è che per riuscire nella nostra missione, la ricerca della felicità, magari con una nuova vita oltreconfine, sia fondamentale avere un progetto molto più che essere in fuga da qualcosa. Solo così i nostri sogni avranno buone probabilità di avverarsi. 
Beh, non posso che essere d'accordo, come avevo già scritto qualche settimana fa infatti, ho deciso di voler concentrare la mia attenzione, d'ora in avanti, sul COSA VOGLIO e mai più sul cosa non voglio, avendolo fatto per troppo tempo in passato. Mi fermo allora per un secondo a pensare e mi accorgo con gioia che la mia idea di nuova vita stia piano piano, giorno dopo giorno, diventando un vero progetto, i mattoncini come nel Tetris si stanno incastrando sempre più velocemente e l'entusiasmo è in grandissima crescita. Fin qui tutto bene quindi, ma come andiamo in tutti gli altri aspetti della vita?  Sto guardando avanti, verso un progetto, o mi comporto ancora come se guardassi nello specchietto retrovisore, sono ancora in fuga da qualcosa?
Faccio un'analisi veloce e mi chiedo: riesco ad essere focalizzata in tutte le mie azioni cercando il meglio per me e agendo di conseguenza anziché pre-occuparmi (occuparmi prima) per ciò che potrebbe accadere e magari mai accadrà? Evito di fare continui paragoni con altre situazioni o con gli altri? Riesco a vivere ogni giorno come se fosse unico senza farmi eccessivamente condizionare da quelli precedenti? Riesco a mantenere alta la mia energia godendo di tutto ciò che di bello ho intorno invece che bruciarla dando troppa attenzione sempre e solo a cosa non va o a cosa potrebbe andare meglio? Riesco a vivere i rapporti con le persone che mi stanno accanto come un dono portentoso e non come un fatto dovuto? Riesco a non farmi abbattere da un'inezia e a gioire non solo per eventi di portata gigantesca? Probabilmente la risposta a molte di queste domande è no, non riesco, ma c'è chi dice che accorgersi di avere un problema è come essere già a metà della soluzione. Speriamo sia vero ;)

domenica 12 agosto 2012

Solo come un cane

In questo fine settimana ho avuto la fortuna e la gioia di conoscere delle persone stupende, schiette, vere, simpatiche e desidero ringraziarle per aver deciso, come me, di godere appieno del tempo passato insieme tra chiacchiere più o meno serie, alcool ;) e risate. Come vi ho raccontato ieri, io sono da sempre soggetta ai colpi di fulmine, mi piace innamorarmi delle persone che incontro e vivere il momento presente con estrema intensità e passione, per natura sono portata ad amare la gente, in particolar modo trattandosi di donne e uomini che hanno voglia di star bene, di trascorrere delle ore felici, di condividere, di raccontarsi e lasciarsi raccontare con genuina disponibilità. Tra le persone conosciute nei giorni scorsi, una in particolare mi ha molto colpita, quasi stregata, e mi ha fatto riflettere. Una persona autenticamente simpatica, dalla mente aperta, chiacchierona, brillante e sagace, capace di magnetizzare  l'attenzione altrui e di farsi voler bene con estrema facilità, una di quelle persone che si direbbero davvero felici e sicure di sé. Ciò che mi ha lasciata a bocca aperta è stato scoprire che queste ultime mie considerazioni non corrispondevano alla realtà, non erano poi così vere. Con estremo candore e umiltà infatti quest' individuo dalla vita ai miei occhi quasi perfetta, mi ha 'confessato' che nonostante conosca ogni giorno tante, tantissime persone si senta e sia nel suo cuore solo come un cane. La mia anima sentendo queste parole è entrata subito in allarme. Solo come un cane? Non può essere. La modalità riflessiva è stata subito attivata. Da sempre amo guardarmi intorno, osservare e interrogarmi sui reali pensieri di chi mi circonda, immaginarmi le loro vite, chiedermi quali siano i loro sogni, le loro priorità, le loro 'leve' psicologiche e le loro paure, oggi in particolare mi chiedo quanti di loro, come me, sembrino in apparenza sicuri e felici, nascondendo però una o più fragilità proprio come questa, così naturale e così devastante. 
Oggi in particolare mi chiedo: quanti di noi si sentono soli ogni giorno? 

sabato 11 agosto 2012

Ciao e Arrivederci

Grazie a chi prima di me ha trovato la forza di seguire i propri sogni andando a vivere nel proprio 'posto migliore', sono nati decine di siti web in cui vengono raccontate con sincerità e passione le loro storie. Ognuno di loro ha scelto di descrivere le proprie esperienze, paure, successi e delusioni per permettere ai futuri 'emigranti' di avere una panoramica il più possibile ampia e sincera di ciò che li aspetta. Soffermarsi per ore sui moltissimi aspetti positivi è davvero di grande conforto per la mia anima e mi viene davvero facile ;), ma ahimè ogni tanto è necessario riflettere anche sugli aspetti sfavorevoli. Tra questi c'è n'è uno, che mi ha colpita in modo particolare, e che ricorre in moltissime testimonianze, in tantissimi lamentano infatti le difficoltà incontrate nel costruire rapporti di amicizia duraturi nel tempo. Questo succede non a causa dell'assenza di persone meritevoli, al contrario, succede perché questi 'paradisi terrestri', vicini e lontani, sono meta di altri sognatori che per motivi vari, ma soprattutto burocratici (visti e lavoro), sono solo di passaggio e dopo qualche mese o anno fanno, più o meno volontariamente, di nuovo rotta  verso casa. Molte amicizie nascono perciò già con la data di scadenza e questo è per molti causa di sofferenza. Normale no?
Poiché gli psicologi sostengono che ogni azione umana sia dettata dal tentativo di soddisfare uno dei nostri bisogni principali: sicurezza, varietà, importanza, amore-unione, crescita e contribuire mi sono chiesta quali di questi vengano appagati da un classico rapporto non a termine. Forse sicurezza e amore-unione? Nello stesso tempo riflettevo su un altro aspetto importante che ho riscontrato nei rapporti umani. A qualcuno di voi è mai capitato di trascorrere un limitato numero di ore o di giorni in compagnia di persone conosciute da poco, magari per caso, in un negozio o in una vacanza, e di riuscire a stabilire con esse un legame molto forte in pochissimi istanti? E in quegli istanti sapere di stare dando il meglio di sé senza paure o pregiudizi? Quali saranno i bisogni soddisfatti in questo caso? Varietà? Importanza? E in questi casi si può parlare di vera amicizia? Io sono una persona che di norma ama 'aggredire' la vita e mi sono spesso ritrovata ad essere 'innamorata' (entusiasmata, affascinata) di persone appena conosciute e ho avuto la fortuna di trascorrere in loro compagnia momenti indimenticabili, che porto nella memoria e nel cuore. Questi rapporti racchiudono a volte una sorta di magia data dall'assenza del tempo e dell'eccessiva confidenza, due aspetti della vita che troppe volte ci portano a sottovalutare il momento presente e a dare troppe cose per scontate, soprattutto con chi ci sta accanto da più a lungo. Mi chiedo quindi quanto è importante il tempo nell'amicizia? E quanto lo è invece l'impegno? E come si possa fare per viverla al meglio senza nostalgie o rimpianti dando il meglio di noi stessi tra il primo ciao e l'ultimo arrivederci?

venerdì 10 agosto 2012

Il denaro non esiste

Sull'onda delle riflessioni fatte ieri la mia mente e la mia anima, stranamente in accordo, hanno deciso di continuare le ricerche e di porsi altre domande.

Possiamo senza ombra di dubbio dire che la società moderna, occidentale e non, sia basata quasi esclusivamente sul denaro, la vita di ognuno di noi, volenti o nolenti, ruota giornalmente attorno ad esso, spesso coinvolgendo settori che dovrebbero essergli del tutto estranei come amore, felicità e salute. Ci alziamo ogni mattino con l'obiettivo di guadagnarne o risparmiarne un pò e non siamo liberi di prendere nessuna decisione senza aver valutato almeno per un attimo l'impatto economico che avrebbe sulla nostra vita. Ma mi chiedo che cos'è veramente il denaro? Quanto valore hanno quei pezzi di carta che tanto veneriamo in realtà? Una volta il denaro era una ricevuta, una ricevuta negoziabile per una certa quantità di merci, per lo più oro, depositate nelle banche nazionali. Ma oggi, dopo l'abbandono del 1971 della parità aurea, che cos'è? Nell'era della Federal Reserve e delle Banche Centrali il denaro non è che un numero scritto su un monitor a cui corrisponderanno, forse, altrettante banconote in carta. Il denaro non è più garanzia di nulla, il denaro non esiste. Viene creato o distrutto semplicemente con il premere di un tasto. Le grandi banche se lo auto creano per realizzare i loro piani e le loro (subdole?) strategie. E allora perché noi passiamo la vita a rincorrere qualcosa che non esiste? Chi vuole tutto questo? Chi ha deciso di educarci a questa prigionia? Perché quando periodicamente viene deciso di immettere nuova (e gratuita) liquidità da destinare agli istituti bancari in difficoltà non viene in mente a nessuno di destinarne una parte anche alle nostre tasche? Non sarebbe tutto più semplice? Non sarebbe addirittura meraviglioso se potessimo da oggi in poi scegliere di VIVERE e non di sopravvivere?

giovedì 9 agosto 2012

Vivere o lavorare?

Che differenza c'è tra il 'semplice' vivere e lavorare? Chi decide cosa significhi lavorare? Lavorare è forse fare qualcosa che non ti piace in orari che non ti piacciono? Lavorare è forse essere obbligati a stare in un posto quando vorresti essere in un altro? E lavorare duramente cosa significa? Sudare e fare fatica o sudare e fare fatica per un alto numero di ore? Ma chi lo ha deciso? Quando ci dedichiamo con passione a un'attività che ci piace perché non possiamo chiamarlo lavorare? Forse perché non lo stiamo facendo contro la nostra volontà? Forse perché non vi siamo obbligati? 
Quanti di noi, soprattutto i più giovani, si sentono dire: 'Tu non sai neanche cosa vuol dire lavorare', ' Voglia di lavorare saltami addosso'. Ma non sarebbe tutto più semplice se ognuno potesse essere pagato per lo svolgimento delle proprie passioni? Per la messa in campo dei propri talenti? Siamo stati educati alla necessità di lavorare, per ore, ogni giorno, per poter sopravvivere. Ma davvero questa è vita? Davvero siamo venuti sulla terra per fare di noi delle macchine da sopravvivenza? Perché prendersi cura di sé, della propria famiglia, della propria casa e della propria felicità non è abbastanza? Non è meritevole di stima? Perché veniamo subito etichettati come 'difettosi'? Siamo davvero disposti a far sì che il lavoro rimpiazzi la VITA?
Io ci sto riflettendo da un pò...

martedì 7 agosto 2012

Ma sarà tutto vero?

Sta succedendo davvero? Davvero la mia vita sta nuovamente per cambiare rotta, sto di nuovo per mollare tutto? E stavolta davvero sto per andare oltre confine? In un posto in cui parlano una lingua che non conosco e la cui cultura è parecchio differente dalla mia? Dalla mia cultura di milanese intendo... Ebbene sì sembra che stia accadendo davvero o per lo meno il mio appartamento la pensa così visto che buona parte dei mobili se ne sono andati e che sulle pareti sembra capeggiare la scritta 'work in progress'. Sì è così si va. 

Credo di essermene realmente resa conto solo ieri sera quando parlando con un amico ho realizzato che non sto andando in vacanza, io sto per iniziare una nuova vita oltre confine, il mio mondo sta per spostarsi di qualche migliaio di chilometri più a sud ovest. Il fatto di dover aprire un conto in banca in loco mi ha aperto gli occhi e mi ha catapultata nel futuro, la mia immaginazione mi ha regalato un'immagine di una nuova me, una me che vive su un'isola stupenda, in un paese assolato, una me nuova, con una vita da costruire, con una nuova lingua nei pensieri e tanto nuovo amore da dare e ricevere. Nuove esperienze, nuove gioie, nuove avventure e nuove soluzioni da trovare. Il tutto con accanto a me la persona che amo di più al mondo. 

Sono FELICE e ringrazio l'universo per avermi dato questa opportunità e me stessa per aver avuto la forza di coglierla. GRAZIE!

domenica 5 agosto 2012

Sono contento...ma non troppo

Sono FELICE, ma non vi preoccupate, niente di serio, poi passa. Vi è mai capitato di pensare che l'essere FELICI nella nostra società sia considerato nè più nè meno che una colpa? Vi è mai sembrato che il rivelare apertamente la vostra FELICITA' non sia piacevolmente accettato? Avete mai provato un'immediata e mal sana sensazione di disagio, come se aveste compiuto un passo falso dopo aver espressamente manifestato la vostra gioia? Avete mai avuto la necessità di giustificarvi subito dopo?
Fin da bambina ho notato questa curiosa caratteristica del comportamento umano e continuo a farlo: quando una persona ha finalmente l'occasione di raccontare una propria esperienza felice, un episodio fortunato, un progetto appagante è come immediatamente portato, da una qualche forza misteriosa, a fare la propria gioia parzialmente a pezzi, a modificare la realtà, facendo marcia indietro, giustificandosi quasi. Questo per poter essere immediatamente riammesso nel branco della 'normalità'. Ma perché mai ha pensato di esserne uscito?
Voglio fare un esempio semplice, ma reale, relativo ad una conversazione ascoltata pochi giorni fa. Un amico raccontava con un sorriso la vacanza trascorsa con moglie e figli in Sardegna: 'Siamo stato bene, due settimane, molto bello, ci voleva, un posto davvero stupendo'. E pochissimi istanti dopo aggiungeva, come stregato dagli sguardi degli ascoltatori: 'Sì però eravamo ospiti a casa di amici, così abbiamo speso poco e l'appartamento non era nemmeno un granché, tra l'altro faceva caldissimo, era un forno'. Cos'era successo? Per quale misterioso e sgradevole motivo nei pochi secondi intercorsi tra la prima e la seconda parte di conversazione una parte di lui si era sentita costretta a giustificarsi? E giustificarsi per cosa? Perché si era sentito in difetto? Aveva forse avuto il dubbio di non essere realmente meritevole dell'esperienza vissuta? Ma perché solo in quel momento? Che rapporto aveva questa sensazione con chi lo stava ascoltando? Aveva forse pensato che per alcune di quelle persone la data di partenza per le vacanze non era ancora arrivata? O aveva ipotizzato che per alcune di loro forse quest'anno non sarebbe arrivata mai? E' stato per questo che si è sentito catapultato in pochi secondi in uno stato emotivo in cui il rendere meno piacevole la propria esperienza lo faceva sentire meglio, lo faceva sentire di nuovo accettato, lo reinseriva negli standard? In quale parte delle nostre menti o delle nostre anime esiste la convinzione che essere infelici, sfortunati o poveri ci rende persone migliori di altre?

sabato 4 agosto 2012

Vai a vivere al mare? E' sempre stato il mio SOGNO.


Era un po' di tempo, oltre sei mesi, che mancavo da uno di quei posti in Italia che ho la fortuna di poter chiamare casa e cominciavo a sentirne forte la mancanza, sentivo il bisogno di tornarci per qualche giorno e così ho fatto. Lì ho ritrovato alcuni affetti e amici importanti, quel tipo di affetti ed amici che sai essere una certezza, quelli che sai che ci saranno sempre, nonostante il tempo e la lontananza. Questa volta però tornandoci ho percepito qualcosa di diverso, nella mia mente e soprattutto nella mia anima, è stato come se in mia assenza il tempo si fosse fermato, tutto era misteriosamente e amaramente uguale, tutto tranne una cosa: la quantità di infelicità sul viso e nelle parole delle persone, quella purtroppo era notevolmente aumentata.

Già durante le mie ultime visite, le serate che un tempo venivano trascorse in modo spensierato ed allegro sono state ahimé pian piano sostituite da altre, col passare del tempo oltre all'età ;) è aumentato il numero di preoccupazioni, di scontento, di frustrazioni. Una buona parte degli argomenti leggeri e divertenti hanno lasciato purtroppo il posto ai problemi. Gli ambiti sono i più disparati: lavoro, famiglia, relazioni, spread, politica e 'grazie' alla televisione anche il clima, ma il comune denominatore è uno solo: se ne parla, se ne parla tanto, tantissimo. Molti di questi problemi erano magari già presenti un anno o due fa o a volte anche di più, ma ora è aumentata esponenzialmente la quantità di tempo dedicata a parlarne e il livello di serenità/FELICITA' generale sembra essersi notevolmente abbassato.

Tutto normale fino a qui direte voi, certo è così, le difficoltà sembrano essere ovunque all'ordine del giorno, infatti è a me stessa e poi all'Italia in generale che vorrei rivolgere delle domande? Cosa sto facendo e cosa viene fatto quotidianamente nella vita di ognuno di noi per cambiare le cose? Molto, poco, nulla, abbastanza? Ad esempio chi come me ha la fortuna di SAPERE COSA VUOLE che cosa sta facendo per realizzarlo? E chi ancora non lo sa, quanto tempo sta dedicando a scoprirlo? E' giusto accettare la sofferenza in attesa di momenti migliori pur non avendo la garanzia che arriveranno? O sarebbe meglio prendere il coraggio a due mani e iniziare ora a cambiare qualcosa? Il vero coraggio è accettare la situazione o affrontare il cambiamento? Perché viviamo buona parte della nostra vita come se avessimo la garanzia di averne una di riserva? 

giovedì 2 agosto 2012

VOGLIO tornare bambina

Sì vorrei proprio tornare bambina ed ora vi spiego perché.
Avete mai avuto l'occasione di vedere la divertente scena di una persona normalmente considerata rude, chiusa e scorbutica, la stessa che magari negli anni si è guadagnata il soprannome di 'orso', trasformarsi sotto i vostri occhi quando si trova ad interagire con un bambino. Io sì e mi sono posta delle domande. Come mai succede questo? Cosa succede nella nostra testa quando vediamo un piccolo cucciolo d'uomo? Sia che stia piangendo, sia che vedendoci si illumini con un sorriso, ne siamo in qualche modo tutti inspiegabilmente e teneramente attratti. Ci raddolciamo all'istante,  focalizziamo tutta la nostra attenzione, ci trasformiamo in pochissimi secondi in amabili e giocosi peluche, al bambino basterà schiacciare il tasto giusto e a sua scelta verrà coccolato, consolato, incoraggiato, fatto divertire, ricoperto di complimenti. In un attimo siamo disponibili ed in grado di fare davvero del nostro meglio per metterlo a suo agio, sfoderando una voce morbida e rassicurante capace di dispensare saggi e altruistici consigli. Ci travestiamo su richiesta da infermieri o da giullari, diamo il meglio di noi, arriviamo persino ad ipotizzare che il mondo possa essere un posto meraviglioso. Siamo disponibili ad un sincero e amorevole: 'Tutto andrà bene'. 

Quello che succede, credo, è che per un attimo mettiamo noi stessi in secondo piano sforzandoci realmente di capire quali siano le esigenze del nostro interlocutore. In una parola sola facciamo quello che probabilmente andrebbe fatto ogni volta che incontriamo un altro essere umano, grande o piccolo che sia, amiamo. Ed è per questo che voglio tornare bambina...